Il turismo come tregua

Il viaggio a piedi come antidoto alla schizofrenia moderna

È arrivato l’agosto di questo 2020, un anno che ci ha preso in contropiede forzandoci a rinunciare ai ritmi a cui eravamo assuefatti e a sperimentare una forma di stasi che ci ha costretti a ripensare le nostre abitudini. Improvvisamente ci siamo trovati in una tregua dalle nostre vite, chiusi in casa a gestire, come giocolieri, smart working, figli e misure anti-COVID. Ora abbiamo di fronte a un altro tipo di tregua, molto più piacevole, quella delle vacanze, del viaggio.

 

Di TREGUA l’AREL aveva già parlato nel terzo numero del 2018 della sua rivista affrontandolo in relazione a un particolare tipo di turismo: il deep walking.

 

«Se la tregua è un modo anche per curarsi

e cercare o ri-cercare la propria armonia, allora sì,

il viaggio può essere uno strumento utile.

Se la tregua è solo una vacanza, un vuoto, l’essere assenti,

allora credo che l’obiettivo viene mancato.»

(Luca Gianotti)

 

Luca Gianotti, intervistato da Enzo Mangini, è uno dei pionieri della rinascita del viaggio a piedi in Italia e spiega come, nella sua visione, il cammino possa essere un modo di «superare l’idea che ci siano due momenti, quello del lavoro e quello dello svago, dell’impegno e del divertimento, del pieno e del vuoto. L’idea è invece di prendere il viaggio e farlo diventare un elemento della propria vita, anche e soprattutto quando si ritorna».

 

«Dai cammini si deve sempre tornare,

e questo è un altro elemento importante, per evitare che diventino una bolla.

[…] Credo sia molto più utile tornare nella propria vita

portandosi dietro e dentro tutte le belle cose acquisite nel cammino.»

(Luca Gianotti)

 

Il viaggio a piedi può diventare l’occasione per liberarsi dalla schizofrenia moderna e dalla cultura della performance di cui è intrisa la nostra società e che si riverbera anche nel modo in cui viviamo le nostre vacanze. Gianotti nota quanto sia «facile cascarci: faccio più chilometri; faccio due tappe in una; tengo nota di tutti i chilometri nel mio smartphone con contapassi; dimostro che invece che in otto giorni posso farlo in quattro e via dicendo. […] Camminare non è consumare chilometri. Semmai è assaporarli».

 

Il cammino, nella migliore tradizione filosofica mediterranea, può trasformarsi anche in una «pratica di consapevolezza,  una meditazione dinamica, tanto più essenziale per noi in quanto in Occidente non abbiamo altrettanto forte la tradizione della meditazione statica». Così come Socrate che passeggiava mettendo in ordine i pensieri, forse questa esperienza un po’ diversa di turismo può essere l’occasione  per rigenerarsi e ritrovare la propria armonia dopo le difficoltà affrontate nei mesi passati.

 

Se volete leggere l’intervista completa Il deep walking è armonia e disintossicazione, ma non per fuggire dalla vita potete scaricare la rivista TREGUA (1/2018), resa disponibile a tutti dall’AREL durante il lockdown.